L’incipit de “La donna degli alberi” di Lorenzo Marone ricorda quello di una fiaba o di un mito: la giovane eroina che abbandona tutto e tutti per cercare un posto migliore e più giusto, in cui possa ricominciare daccapo e possa sentirsi libera. Dalla selva cittadina, la protagonista senza nome, una donna inquieta, lacerata dal dolore, dalla solitudine e dalla colpa di un passato che non viene riesumato, si ritira nella vecchia baita dell’infanzia, sul Monte, per dimenticare sé stessa e per trasformarsi in qualcosa di nuovo.

La chiusura con il passato

Il nuovo romanzo di Lorenzo Marone è perciò degno di essere annoverato tra le varie metamorfosi ovidiane, in cui la protagonista si tramuterà da statua di asfalto incatenata al mondo urbano in un’altra entità. La protagonista, nonché l’io narrante, è una donna che chiude definitivamente i ponti con il proprio passato, scappa dalla città, dalla vita frenetica. “Sono stata donna in fuga. In me c’era l’inquietudine della partenza, la vulnerabilità del sopravvissuto, camminavo con il passo spezzato. Mi costruivo le ritirate che non ho preso, ho accettato gli allontanamenti che non ho scelto, ho accolto chi è entrato nella mia vita per evadere dalla sua, sono stata fuggiasca e non vincitrice, rincorsa ma perdente”.

Il contatto con la natura

Fugge e si rifugia in montagna, nella vecchia casa di famiglia dove entra in contatto in maniera intima e profonda con la natura e le persone che abitano quei luoghi. “ Mi ritaglio lo spazio per ripassare le mie mancanze, e mi affanno a farmi trovare preparata spettatrice del minuscolo che accade. Mi propongo di mantenere inviolata la fame di vivere pienamente. In armonia con quello che c’è, con chi c’è. Cerco la fede senza fede”.

Comprende che la differenza tra uomo, animale e pianta non esiste, che tutti hanno lo stesso diritto alla vita e all’esistenza. Che una vita umana vale tanto quanto quella di tutti gli esseri che compongono il nostro macrosistema organico che avvolge la terra.

Imparare a dimenticare

In questo divenire vegetale e animale, la donna impara a dimenticare chi è stata per poter rinascere. Dimenticare, in questo caso, non significa sprofondare nell’oblio. Significa donarsi al mondo naturale per riscoprire sé stessi come un’altra potenzialità esistenziale, differente da quella che credevamo di essere. Il monte trasforma simbolicamente la donna in natura pura. Il sangue è linfa, il cuore è quello palpitante del cinghiale, gli occhi quelli notturni del gufo. I piedi si fanno radici.

Un nuovo nome

Ma per poter rimanere a vivere tra i monti, per poter chiamare quel luogo “casa”, per riuscire a piantare finalmente le sue radici tra i fianchi del Monte e diventare tutt’uno con il mondo naturale che la circonda, la donna deve trovare una cosa importantissima, ovvero, un nuovo nome. Ed è in questo momento che la metamorfosi si compie: la statua di asfalto scappata dalla città si tramuta in quella stessa “Donna degli alberi” che, in tutto il tempo trascorso tra i monti, ha curato (e si è lasciata curare da) quel mondo vegetale che la circonda.

“La donna degli alberi”, in questo senso, allora, è un romanzo organico, un manifesto ecologico, una dimostrazione di empatia con il mondo animale, una poesia che ci insegna il rispetto, una preghiera laica al santuario che è il mondo vegetale, una decostruzione del concetto di identità e del senso di appartenenza, una dolce pillola contro le cattiverie del presente. È una pianta che cresce nel nostro cervello e che permette di far prendere aria alla nostra claustrofobica concezione di libertà. I personaggi vengono chiamati tutti con un soprannome, come lo Straniero, uomo misterioso, il quale non parla mai del passato e che ha una missione: quello di piantare degli alberi per rinforzare la parete della montagna; o la Guaritrice, muta come un folletto ma che parla la lingua della foresta e conosce i misteri del ciclo della vita umana; o la Rossa che gestisce la locanda in cui si prende cura delle persone di passaggio e delle loro sofferenze; e infine la Benefattrice che insegna ad assaporare il gusto della terra fertile e dei suoi frutti, sfamando chi ne ha bisogno.

Il ruolo degli animali

Anche gli animali svolgono un ruolo rilevante nel romanzo, la volpe le mostra, in un atto di estrema fiducia, la sua cucciolata. Il Cane sarà il suo fedele compagno di vita. Esperienze che fanno accrescere sempre di più la simbiosi tra la natura e la protagonista e la accompagnano in un viaggio dentro se stessi. Si rimane fagocitati da questa donna sconosciuta e senza nome, una figura indistinta ma tenacemente viva e vivida che fa della nostra pelle la sua pelle, dei nostri occhi il suo sguardo, dei nostri silenzi le sue urla. C’è un labirinto di emozioni da districare, c’è un pezzetto di ognuno. Bisogna cercarsi tra queste righe: sedersi ed ascoltare i battiti del proprio cuore, lasciate andare il respiro. Prendersi una pausa, fermare i passi frettolosi. Qui. Adesso. Udire l’urlo. Liberare il silenzio. Asciugare il pianto. Riabbracciare se stessi. Lo scrittore è riuscito a mettere a nudo le fragilità che contraddistinguono il nostro tempo, creando un personaggio che desidera la solitudine per ritrovare se stessa, e cerca nella natura una nuova rinascita.

Romanzo: “La donna degli alberi”
Autore: Lorenzo Marone
Categoria: Narrativa Italiana
Casa editrice: Feltrinelli
Anno di pubblicazione: 2020

Autore

Lorenzo Marone è nato a Napoli. Tra le sue opere ricordiamo:“La tentazione di esser felici”(Longanesi, 2015),Cara Napoli(Feltrinelli, 2018), “La tristezza ha il sonno leggero”(Tea 2017) e l’ultimo libro uscito per Feltrinelli nel 2020: “La donna degli alberi”.Finalista Premio letterario Chianti 2021

Anna Maria Laurano
anna maria laurano@libero.it