Capita raramente che venga impressa l’anima sulla pellicola; The Whale è esattamente uno di quei miracoli. È un film che scava senza sosta l’animo umano e lo stravolge: crea domande, dà risposte, le scombussola e cambia in ogni momento. Esiste una verità assoluta o ciascuno sente la propria a seconda della sua emotività?

The Whale. La potenza dei personaggi

Charlie è un docente di lettere che lavora da computer, è obeso e molto solo a eccezione della sua infermiera. Cerca di recuperare il rapporto con sua figlia Ellie, interpretata splendidamente da Sadie Sink. È sfrontata, brutale, arrabbiata e autentica. Viscerale il modo in cui esprime la sua conflittualità nel rigettare l’affetto del padre, ma da un lato accettarlo. È un uragano, è così viva nonostante il dolore dell’abbandono, mai metabolizzato.

Charlie, offerto da un magistrale Brendan Fraser, è un personaggio indimenticabile. È impossibilitato a muoversi, ha svariate problematiche eppure riesce a essere una calamita di positività per le persone che ha intorno. Ma non lo nota. Il rapporto padre e figlia è da brividi: scorre attraverso le parole. Così, i pochi versi della figlia scritti per rabbia, diventano un’ancora che impedisce al padre di affondare, un modo per leggerle dentro.

L’importanza della parola

Il film ci comunica più messaggi, tra cui la celebrazione della parola. Le parole vere, intime, sincere delle persone che amiamo, hanno un valore affettivo, mandano gli esseri umani avanti. Hanno il valore di logorare, distruggere, ricucire, accarezzare, lenire le ferite.

Grande è la tematica religiosa, introdotta dal personaggio di Thomas con le tante domande esistenziali che porta in campo, generando dialoghi complessi seppur difficili. Offrono degli spunti riflessivi su cui lo stesso Charlie si sofferma, pur non essendo d’accordo col ragazzo. 

La stessa analisi è enfatizzata dall’ambientazione fortemente raccolta, dai giochi di luce, ombre, meteorologici e dai primi piani. È tutto ben dosato a seconda di ciò che si vuole comunicare.

Darren Aronofsky gioca bene con la camera da presa, seppur senza guizzi particolari. Abbiamo apprezzato i momenti in cui si sofferma su Charlie e sui suoi “attacchi” bulimici. La regia, il sonoro, la fotografia, enfatizzano quelle scene rendendole ancor più claustrofobiche,  regalandoci un’immagine del protagonista devastata. 

The Whale porta con sé un’introspezione lacerante, straziante, distruttiva e rigenerativa nel contempo. Indaga in maniera precisa nell’essere umano, gli fruga dentro fino a trovare ciò che ha di più intimo, per portarlo infine alla luce.

 

Di Federica Forlini e Leonardo Carboni