Il CineCircolo “Don Mauro-Nel corso del tempo” e l’Associazione Cultural-mente Insieme hanno invitato il regista Ivano De Matteo, insieme alla compagna sceneggiatrice Valentina Ferlan, ad Ascoli Piceno per presentare il loro ultimo film, Mia. Il film, proiettato al Cineteatro Piceno anche ad una sala piena di studenti delle scuole, parla della storia dell’adolescente Mia che, manipolata dall’amore di un ragazzo più grande di lei, finirà in un vortice di sofferenza  e di dolore che coinvolgerà tutte le persone che gli vogliono bene.

Abbiamo avuto la fortuna di intervistare, su radio Ascoli, il regista della pellicola. Queste sono le sue risposte alle nostre domande:

Come nasce “Mia”? Come siete giunti alla creazione di un film che unisce la tematiche della genitorialità con quella del Revenge Porn?

Sono due temi diversi montati insieme. Da genitori volevamo raccontare (De Matteo e la sceneggiatrice Valentina Ferlan) le problematiche adolescenziali e tra queste, purtroppo, sempre più spesso appare la problematiche del Revenge Porn. Io e la mia compagna, essendo genitori di una ragazza adolescente, volevamo cimentarci nella scrittura di un film che parla sia dei problemi giovanili ma anche delle difficoltà di noi adulti nell’allevare i nostri figli.

Il film sia chiama “Mia”. Questo è il nome della protagonista ma è anche un pronome possessivo. Visto che una delle tematiche principali è l’amore tossico tra due giovani,  avete realizzato quest’accostamento di proposito?

Il nome della protagonista, e anche del film, è stato scelto apposta. Con una consonante e due vocali volevamo racchiudere tutto il personaggio di Mia. Mia è una ragazza di 15 anni che deve costruire la propria identità in maniera indipendente. Mia non deve essere di nessuno ma spesso durante l’adolescenza, momento critico di profonda insicurezza, è facile cadere preda della manipolazione di qualcun’altro. Può essere facile diventare vittime di amore malati come quello mostrato nel film tra Mia e Marco.

Data la complessità delle tematiche mostrate nella sceneggiatura, quali fonti avete utilizzato per scriverla? Vi siete serviti di psicologi ed esperti in materia?

Noi in ogni film ci confrontiamo con diverse figure tecniche ed esperti. In questo film abbiamo parlato con giudici e avvocati per la parte legata al processo. Per la parte comportamentale e di scrittura dei personaggi ci siamo confrontati con i medici psicoterapeutici dell’età adolescenziale. Ci siamo confrontati anche con nostra figlia e i suoi amici adolescenti per far in modo che i ragazzi fossero più veritieri possibili. L’obbiettivo era dare veridicità ai giovani facendoli parlare nel loro slang.  Per la scrittura degli adulti ci siamo basati sulle nostre esperienze come genitori.

L’abilità degli attori riveste un ruolo importante nella trasmissione delle emozioni. Avevate subito in mente gli interpreti per il vostro film oppure è stata una lunga selezione?

Per quanto riguarda la scelta degli attori che avrebbero interpretato gli adulti avevamo le idee abbastanza chiare (il ruolo dei genitori di Mia è andato al duo Edoardo Leo e Milena Mancini) più difficile è stata la selezione dei ragazzi. Per la protagonista avevamo le idee confuse. Abbiamo fatto tantissimi provini e alla fine la nostra scelta è ricaduta su una ragazza che abita vicino casa nostra, peraltro amica di nostra figlia.

In diverse interviste hai ammesso di girare in pellicola, come mai questa scelta nell’epoca del digitale?

Al di là del mio gusto personale, giro in pellicola per responsabilizzare la troupe e gli attori. Avendo una metratura ben precisa di pellicola si possono fare solo un numero ben definito di Ciak. Bisogna diminuire gli errori il più possibile perciò tutti devono essere pronti e concentrati. Quando andiamo sul set sappiamo di avere un numero limitato di possibilità e finite quelle non ne abbiamo altre. Questo comporta che tutti durante le riprese devono avere un’attenzione massima per il proprio lavoro. Girare in digitale non costa nulla, si hanno ciak infiniti e si rischia, per questo, di essere più superficiali.

di Quinto De Angelis