Passaporti vaccinali: la guida completa

dei dott. Franco Ragneni e Gianni Ferretti

I Passaporti Vaccinali saranno indispensabili per spostarsi tra regioni di colore diverso per motivi turistici, ma non per lavoro. Da lunedì 26 aprile parte, in via sperimentale il “certificato verde” che – in base al decreto legge Covid del 21 aprile – sarà rilasciato cartaceo o digitale a tutti gli italiani che ne facciano richiesta. I “Pass” saranno di tre tipi:

  1. Vaccinazione (Pass-1),
  2. Guarigione dal virus o negativizzazione (Pass-2),
  3. Referto negativo di tampone molecolare od antigenico (Pass-3)

I primi due “Pass” saranno validi sei mesi mentre il terzo sarà valido solo 48 ore, se si lascia la regione di provenienza in tempi successivi si deve rieseguire il tampone.

Ad ogni destinatario un codice per il “Pass-1”

Oggi si ha un’idea di come sarà il “pass-1” post-vaccinazione. Ogni destinatario riceverà un codice QR. Subito dopo, la schermata dello smartphone o il foglio, riporteranno gli estremi del titolare (nome, cognome e data di nascita) e nota dell’avvenuta somministrazione della seconda dose. Seguono tipo di vaccino (mRna o vettore virale), nome e produttore, data di somministrazione, stato, nome della struttura vaccinante. Quest’ultima deve essere un’autorità sanitaria certificata. C’è un modello europeo.

Meno chiaro cosa sarà scritto negli altri due pass. Per il “pass-2” si dovrebbe partire dal certificato di fine isolamento rilasciato dal Dipartimento d’Igiene dell’Asl a seguito dell’avvenuta negativizzazione. Diversamente per il “pass 3” rilasciato da farmacie, strutture, medici di famiglia, pediatri, Sisp si tratta di un’attestazione della negatività al tampone, oggi rilasciata su carta.

Il rilascio del certificato

Ma chi rilascia i documenti? Intanto, l’interessato deve richiederli espressamente. Per l’avvenuta vaccinazione, il rilascio spetta alla struttura sanitaria che somministra la seconda dose: Asl, ospedale, hub vaccinale. La certificazione di avvenuta guarigione-pass 2 è invece rilasciata dall’ospedale da cui il paziente affetto da Covid-19 è stato dimesso, o (comma 2 lettera b) per i pazienti non ricoverati, dai medici di famiglia o dai pediatri di riferimento. Tutti, devono saper formare un file da caricarsi sul Fascicolo sanitario elettronico dell’interessato. Infine, la certificazione del test antigenico rapido o molecolare con esito negativo al virus (comma 2, lettera c) andrà prodotta da chi esegua il tampone: strutture sanitarie pubbliche, private autorizzate, farmacie, medici di medicina generale o pediatri di libera scelta.

I problemi da risolvere

Il vero problema è l’esigenza di digitalizzare i documenti esistenti. Oggi grazie alla piattaforma di Poste Italiane è possibile caricare sul Fascicolo sanitario i dati delle avvenute vaccinazioni o scaricarli utilizzando il codice Spid, che però non tutti gli utenti al momento hanno. Per gli altri “pass” previsti dal decreto legge abbiamo modelli precedenti per lo più cartacei. Il rilascio e l’archiviazione sono compiti più facilmente espletabili da un Dipartimento d’Igiene Asl. Per i medici di famiglia andranno risolti i problemi quotidiani incontrati un po’ in tutta Italia con l’uso delle piattaforme regionali o nazionali che oggi caratterizzano la gestione del fascicolo.

Due esempi per capire

Analizziamo ora due casi particolari:

  1. Primo, il certificato per il tampone va rifatto ogni 48 ore? Il tampone per uscire dalla regione va fatto anche da chi è stato malato o positivo se si è negativizzato più di sei mesi prima di iniziare il viaggio. Eseguito il tampone con esito negativo, si deve “sconfinare” entro 48 ore. Non si evince che, successivamente, la regione di destinazione vorrà una seconda prova di negatività. Appare tuttavia ragionevole, prima di tornare nella regione di provenienza, eseguire un nuovo tampone per attestare che ci si sposta in sicurezza.
  2. Secondo caso, che fare se l’hub vaccinale non rilascia il certificato perché il destinatario può avere una sola dose di vaccino? La circolare del ministero della Salute dello scorso aprile è chiara: le persone che hanno contratto il Covid-19 fino a 3 mesi prima non possono vaccinarsi, quelle che sono uscite dal virus da oltre 6 mesi devono vaccinarsi con due dosi o fare il tampone se vogliono spostarsi, fra i 3 e i 6 mesi hanno diritto a una sola dose. Dato che l’hub non rilascia il certificato, la situazione andrà disciplinata.