Che cos’è il potere? E’ violenza o controllo di essa? E’ forza o intelligenza? E’ natura o cultura? Queste le domande che pone il libro “Nova” di Fabio Bacà arrivato tra i sette finalisti al premio Strega 2022 e vincitore del premio Campiello 2022.

La trama

Davide è un neurochirurgo, conduce a Lucca un’esistenza come tante altre. Vive con la moglie Barbara – che fa la logopedista – e il figlio adolescente Tommaso. Un giorno qualunque, la sua vita cambia, nel mondo regolare di Davide, irrompe una variabile imprevista. In un affollato ristorante del centro la moglie subisce una molestia da parte di un avventore ubriaco. Davide, a poca distanza dal tentativo di aggressione, osserva la scena senza il coraggio di reagire.

La vicenda diventa una spaccatura nell’esistenza del protagonista che mette in discussione tutti i principi fin qui seguiti. Quando poi un altro uomo di nome Diego, con fare disinvolto, allontana il molestatore mettendo in salvo Barbara, Davide avverte il desiderio di riappropriarsi di quell’impulso, quel lato oscuro e istintivo che ha dimenticato. Proprio Diego, monaco zen esperto di arti marziali, conduce Davide verso la consapevolezza del proprio istinto, del Potere insito in ogni uomo.

«La società moderna reprime gli istinti che non comprende o che non le fanno comodo. Inibisce l’aggressività individuale perché ritiene che confligga con l’idea di civiltà».

Del protagonista, il misterioso Diego è l’altra faccia della stessa medaglia. Il primo è convinto di sapere tutto sul cervello, il secondo… anche.

Cosa succede quando un cervello esplode?

D’altra parte «In astronomia le nove sono stelle nelle quali si verificano esplosioni più o meno violente, che determinano aumenti bruschi di luminosità ed espulsione di materia: si tratta di corpi celesti nelle ultime fasi della loro evoluzione». E così anche Davide, il protagonista di Nova, è alle prese con un’eruzione che non controlla, ma che sottende a tutti i fatti principali.

Quanto costa abbandonarsi alle forme primitive nelle relazioni umane?

Per Diego nulla, per Davide molto. Per un medico come Davide, accogliere la violenza come necessaria vuol dire rinnegare tutto ciò in cui ha creduto, la fondamentale disposizione al bene degli esseri umani, e a rivedere le sue convinzioni. Convinto di conoscere bene se stesso, e anche la sua mente, Davide è capace di disinnescare le componenti minacciose che lo circondano.

La sua è una vita tranquilla, fatta di routine consolanti e riti apotropaici utili al suo equilibrio: il pensiero della morte è una lusinga che lo aiuta nei momenti difficili. Una sorta di rifugio nell’idea di un possibile abbandono: Davide pensa alla morte come a uno spegnimento di problemi, anche quando l’associa al suo capo che lo perseguita. È un pensiero elaborato razionalmente, senza sangue, senza furore.

L’incontro con Diego attrae Davide proprio perché nel momento in cui è fuori dalla quiete rassicurante della sua vita, lo mette di fronte a una realtà diversa: Davide avvezzo ai cortocircuiti della ragione, al controllo raffinato e sterilizzato del cervello e del suo rapporto adattivo con il corpo,viene condotto in un percorso di consapevolezza, un koan,che nel linguaggio della vecchia filosofia greca, sarebbe un’aporia insolubile e che gli rivela la natura ultima dell’essere umano, in contatto con il suo lato oscuro e primitivo.

I quesiti sollevati

E così tra concetti di neuroscienze, racconti di fantascienza si arriva rapidamente a quella domanda oscura: cosa scegliere tra essere dominati e dominare la violenza? Come se non bastasse l’interrogativo viene accompagnato da una questione ancora meno sconosciuta, ma non per questo risolta: chi sono davvero le persone che amiamo? Lo scrittore tenta di rispondere ai quesiti sollevati attraverso la relazione amicale tra Diego e Davide.

La professione del protagonista, uomo di scienza che disseziona il cervello dei pazienti con la lama di un bisturi – non a caso il chirurgo compie atti di violenza concordati, giustificati dall’atto medico, dalla malattia – ha come oggetto di studio proprio la complessità della mente umana. E ancora, non è un caso che l’antitesi di Davide – in grado di bilanciarne e riequilibrarne le scelte – sia proprio la moglie logopedista –metafora del linguaggio, della vocalità come strumento di espressione del vissuto in contrapposizione quindi all’istinto – convinta vegana e contraria alla violenza in ogni sua forma. Bacà costruisce un romanzo metafisico pur non formulando una conclusiva risposta alle molteplici riflessioni sollevate.

Lo stile

Nel definire il mondo del protagonista, Bacà si avvale di un registro letterario e tecnico al tempo stesso, mutuato dall’ambiente medico, in grado di creare un’affascinante distanza con il lettore. La prosa risulta scarna, precisa. Solo la parentesi dedicata ai trascorsi di Diego vede una prosa più morbida e accogliente.

Fa riflettere, poi, l’assenza nel testo della parola che dà il titolo al romanzo, il cui significato peraltro viene svelato solo nell’ultimo bellissimo capitolo del libro.

La veste grafica

Un’ultima riflessione è per la veste grafica di Nova la cui copertina, nella estrema semplicità, evoca l’assenza di rumore, che è invece soggetto costante del romanzo. Nova affronta, suggerisce tutto quanto ancora non conosciamo sulla nostra natura, pur astenendosi di dare al lettore risposte morali.

Autore: Fabio Bacà
Titolo: Nova
Editore: Adelphi
Pagine: 279
Prezzo: € 19
Anno pubblicazione: 2021

di Anna Maria Laurano