“Donne che pensano troppo” di Susan Nolen-Hoeksema ci aiuta a riflettere sulla condizione delle donne. Perché viviamo in una gabbia di pensieri? La docente di psicologia alla Yale University l’ha ripetuto in tutti i modi: «Si pensa che riflettere sulle cause delle nostre emozioni sia una cosa positiva». Poi ha aggiunto: «il problema è che rimuginare non rivela i significati più veri e profondi della vita. Non aiuta a fare chiarezza sul passato né a trovare soluzioni ai problemi attuali. Invece, inquina la mente con la negatività al punto che ci si sente sconfitti ancora prima di iniziare. Bloccati e demoralizzati, con il rischio di sprofondare sempre di più nella depressione». E’ il troppo che ancora una volta ci ingabbia, la svolta sarebbe: anche meno. Meno pensieri, tanto per cominciare, e di seguito meno stress, responsabilità, cura, colpe.

La filosofia del troppo

“Donne che pensano troppo” vuole abbattere il concetto di troppismo. Il “troppismo” ha rovinato le donne. “Donne che amano troppo”, il bestseller di Robin Norwood, “Donne che lavorano troppo”, di Elizabeth Perle Mckenna. Ci sono interi scaffali di librerie a ricordarci che le donne hanno esagerato. I social permettono di spiare gli altri, nutrono dubbi, ansie e domande e rendono più difficile il distacco proprio perché l’altra persona continua ad essere, anche se solo virtualmente, presente. Come ci si libera da questo carico di pensieri? «Bisogna comprendere che si tratta di pensieri che distanziano dalla realtà e non producono un miglioramento nei rapporti», aggiunge la psicoterapeuta. «Sono come l’estremità malata della bella tendenza femminile ad avere una consapevolezza emotiva. Dobbiamo aiutare le donne a sentirsi femminili anche se non si fanno troppo carico delle emozioni altrui. Continua ad esserci infatti, anche tra le più giovani, un’eccessiva tendenza alla cura degli aspetti emotivi e relazionali, a comprendere, interrogarsi e giustificare”.

La summa di “Donne che pensano troppo”

Se scoraggiare le emozioni negative non è salutare per i ragazzi perchè così facendo imparano solo a negarle e reprimerle, anche l’approccio dei genitori verso le figlie non è positivo. Le madri sono fantastiche ad educare la parte emotiva delle figlie. Prestano attenzione ai loro sentimenti e le incoraggiano ad esprimerli. Empatizzano con loro e con le loro preoccupazioni ma non sono brave ad insegnare loro come affrontare le cose in modo attivo. Hanno bisogno di imparare come passare dall’esprimere i sentimenti al risolvere i problemi che li hanno suscitati. I pensieri pesano, anche se la bilancia non se ne accorge. Insomma, se è senz’altro vero che non pensare affatto non è caratteristica di cui si possa andar fieri, rimuginare non è cosa da intelligentoni.

«Ruminare» è l’efficacissima espressione coniata per indicare appunto questa malsana abitudine, spesso addirittura pericolosa. Questo saggio piacevolissimo, spiega come e perché si finisce nella morsa della «ruminazione» e soprattutto che cosa bisogna concretamente fare per uscire da questa trappola terribile. Fornisce un valido supporto per gestire finalmente le proprie relazioni con una consapevole sicurezza e un maggiore equilibrio interiore. C’è un motivo per cui alcuni libri, come questo, hanno un successo planetario, “perché funzionano” scrive “Le monde”. Sono un concentrato di autostima e consapevolezza”e, il coraggio e l’autostima aumentano se si allenano con l’esercizio. Esercizi e strategie di cui il libro offre ampia gamma, ricordando che staccare non significa mettere la testa sotto la sabbia, non è superficialità, ma aiuta a vedere più lucidamente i problemi.

Certo, la società di oggi non aiuta: le soluzioni rapide che propone non sono le migliori, per arrivare ad una sana consapevolezza.Per accettate di provare emozioni, senza permettere loro di dettare le nostre azioni, occorre tempo,e, occorre tempo per capirsi, per capire dove stiamo andando e dove vogliamo andare.

di Anna Maria Laurano