Dopo il successo de L’Arminuta, Donatella di Pietrantonio sceglie di proseguire la storia e di raccontarci che piega prende la vita della ragazza orfana di due madri viventi. E’ la storia di un Borgo: un luogo particolare.

“Mi ha mostrato il cerchio inciso sulla pavimentazione, il simbolo del Borgo, della comunità marinara. Rimanere nel cerchio è la forza, la vita, il suo senso. Uscire è perdersi, mescolarsi, andare allo scontro in altri quartieri. Non vale la pena, il pericolo è già nel mare, ogni giorno. Da questo punto non si vede, ma è oltre le file irregolari di case, ora gelido e scuro. È il padrone di ognuno, qui, il luogo della fatica. È la fortuna e la morte.”

Il luogo della Storia

Borgo Sud, che dà il nome al romanzo, è in realtà Borgo Marino, un quartiere di Pescara dove Adriana si rifugia in cerca di un conforto che non riesce a trovare. Città nella città, Borgo Sud è l’emblema di tutte le periferie, ma anche il posto dove il respiro si fa più lento: le donne guardano il mare, in attesa che i loro uomini tornino dalla pesca, i bambini camminano scalzi, bagnandosi i piedi in pozzanghere d’acqua salmastra. Ed è questo respiro lento, che sembra tenere fuori dal mondo chi lo sperimenta, ad essere croce e delizia per gli abitanti di Borgo Sud: Adriana lì è più amata che mai, ma anche più in pericolo che mai.

“Respiravamo un’aria sempre un po’ azzurra, entrava dalla terrazza affacciata sul mare. Il mare evaporava in casa nostra.”

La storia nel Borgo

Soprattutto però, questo nuovo romanzo è la storia di due sorelle, delle loro formazioni e del loro  passato. Hanno affrontato la vita unite da un’incolmabile solitudine che le ha rese fragili al confronto con il resto del mondo. Una storia che non ripara né conforta, ma che accompagna il lettore nella crudezza e nelle difficoltà dei rapporti, in una famiglia numerosa in cui gli abbracci hanno troppo spesso ceduto il posto alle grida, alle mani; in un matrimonio in cui non ci si riconosce più. Per entrambe il rifugio dalla solitudine è stato l’amore, vissuto come totalizzante e per questo destinato a trasformarsi in malattia, dannazione. Adriana e l’Arminuta si avvicinano e si respingono, in una sorellanza che si arricchisce di quella complessità propria della crescita. Attrazione e repulsione, desidero e negazione delle proprie origini. Fino alla fine c’è la volontà di liberarsi dal passato che le ha macchiate in modo indelebile, segnando il loro destino.

La scrittrice e i suoi personaggi

Senza cautele né premesse, Donatella Di Pietrantonio ci immerge nel loro passato: un piccolo universo fatto di quotidianità e odori che impregnano la pelle, ci spintona tra le vie strette e indifferenti del borgo di cui, un capitolo dopo l’altro, finiamo per sentirci parte, strattonati come pesi inerti all’interno di una realtà che non ci invita, non ci accoglie, ma ci attrae come l’inevitabile. Nella lunga notte in cui si mette in viaggio per ricongiungersi ad Adriana, la sorella indocile, spericolata,

“Adriana si credeva un angelo con la spada, ma era un angelo sbadato e feriva anche per sbaglio”

La narratrice compie un viaggio coraggioso nella memoria, in un andirivieni naturale, emozionante, seguendo il filo sottile e resistente dei ricordi. Perché allontanarsi, nello spazio e nel tempo, non basta a volte a ricucire gli strappi. L’appartenenza, nei romanzi di questa scrittrice, più che una condizione è infatti un movimento, una negoziazione continua con le proprie radici, i propri luoghi, così peculiari e tuttavia così universali, perché letterari. Le due donne hanno un passato comune che ora è diventato una preghiera da non recitare mai. Parole non dette, che si trasformano in azioni, scelte, abitudini. Tra queste, l’abitudine dell’abbandono che entrambe sembrano tirarsi dietro come un giogo.

Un’autrice istrionica

Il romanzo è un sottile filo che lega tre luoghi: Pescara, Borgo Sud e la casa dei genitori delle protagoniste, isolata in una zona dell’entroterra. Tre luoghi, tre momenti, tre verità che non si impara mai a osservare con la freddezza dell’oggettività: dove c’è vita, lo sguardo infatti è sempre distratto dal ricordo e dal filtro della nostalgia. La scrittura della Di Pietrantonio  è comunque un flusso che sembra fondersi con le diversità dell’Abruzzo: le parole sono crude e dirette, come il gelo montano, ma anche profonde ed evocative, come se emergessero direttamente dalle acque del mare. Il risultato è una narrazione che scorre molto velocemente. Uno stile impareggiabile, reale e realistico che rispecchia la sua ambientazione, molto più definita in questo romanzo. L’autrice ha un modo di raccontare in grado di ferirti quando meno te lo aspetti, di farti sorridere o arrabbiare un secondo dopo, è emozionante e ti lascia dei residui, delle tracce dei protagonisti che, anche dopo la fine della lettura, è molto difficile togliersi di dosso.

«Può un abbandono durare per sempre?»

La domanda, al termine del romanzo, resta aperta. I personaggi hanno affrontato il non detto, ma qualcosa di irrisolto nelle loro vite è rimasto. Solo Borgo Sud ha parlato: con le sue strade e i suoi palazzi, ha urlato ad Adriana qualcosa che le cambierà la vita per sempre. Ma in fondo è quello che fanno tutti i luoghi: viverli ci cambia senza rendercene conto. E, a volte, sono proprio i luoghi a colmare quegli abbandoni che le persone non sanno riempire.

AUTORE: Donatella Di Pietrantonio

TITOLO: Borgo Sud

EDITORE: Einaudi

PAGINE:168