Il toponimo in questione è riferito all’attuale via di Solestà già Cappuccina. Quel femmenì/ femminì ha sempre sollecitato l’ascolana fantasia. Il termine dovrebbe riferirsi agli uomini con atteggiamento femminile o con inclinazioni, opposte, da sciupafemmine o addirittura come castrato possessore di voce bianca. Altri invece ritengono indicasse femmine che, spingendo il carretto con le merci per il mercato, mostrassero inerpicandosi, i “torniti glutei”.

Emidio Femminì Luzi

Il Marinelli, nel suo “Dizionario toponomastico ascolano”, scrive trattarsi invece di un negoziante di quella via, pizzicagnolo per la precisione, rinomato per la qualità dei prodotti. L’appellativo pare si riferisse ad un modo di procedere piuttosto equivoco nonostante fosse egli regolarmente ammogliato.

La “scoperta” di un articoletto di inusuale “contemporaneità”, pubblicato più di centoventi anni fa ne “Il Centrale” del 10-11 Dicembre 1898, permette di localizzare temporalmente il personaggio. Trattasi di un certo Emidio Luzi, benestante e con palazzo di proprietà; aveva egli abitudini “casalinghe” da cui l’appellativo. Pare vendesse merce non propriamente di prima scelta, diversamente da quanto riportato dal Marinelli, cosa questa capace di procurargli multe che egli rifiutava di pagare.

Ecco alcuni passi dell’articolo in questione, con un simpatico episodio che vede coinvolto il nostro.

(La grafia è fedelmente riportata):

“Emidio Luzi, soprannominato…Femminì…per le sue abitudini…casalinghe, vendeva una volta le caldarroste, e, mentre queste erano in padella…forata, egli faceva la calza, lasciandovi qualche…foro! Attraverso questi piccoli fori, egli lasciava spaziarvi il suo grosso-fino cervello il quale, scaldandosi come le caldarroste, arrivò a concepire l’idea di far grande il suo signor padrone Emidio!

E pare ci sia riuscito, perché il nostro Sor Emidio à un bel palazzo di quattro piani, e in un sottoscala di questo Kremlino, un certo deposito di sarachine in completa putrefazione.

Sento già un altro incognito esclamare: ma che c’entra col Sor Emidio, il sottoscala, il deposito, la padella forata e…quel pazzo del cronista?

Un momento…un momento…un momento canta il Don Bartolo nel Barbiere e…vi servirò!

Ecco dunque. Il Sor Emidio vende sarachine putrefatte, tenendole lontane dal suo negozio per…una decina di metri.

L’ufficiale sanitario Morelli (è una gran canaglia questo signore!) gli fece un verbale coi fiocchi al nostro Sor Emidio, e questi disse fra le altre cose, alle guardie urbane Egidi e Spuria, che non rispettava affatto la parola del sanitario, e che lui, il sanitario, andasse a fare il medico dei…viventi e non delle sue…sarachine. Corse sul posto il bravo ispettore sig. De Juliis per pizzicarvi il Sor Emidio, ma non ce lo trovò! Vedete? Anche il sor Emidio Luzi è un poeta, perché ne’ suoi momenti di amore per l’umanità, da sul viso a questa delle belle… sarachine… avanzate di…età”.

di Augusto Agostini