UN’IMPORTANTE OPERA D’ARTE NELLA CHIESA DEI SANTI FILIPPO E GIACOMO 

Dal 1542 fino agli anni ’60 del sec. XX un’importante opera pittorica è stata oggetto di venerazione nella chiesa dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo. L’antica chiesa, oggi trasformata in abitazione privata, è ubicata nei pressi dell’omonimo ponte e per questo era detta “Madonna del Ponte”. Da non confondere con quella esistente nei pressi del Ponte di Porta Molinara. Anticamente ogni accesso alla città, ponte o porta, era posto sotto la protezione di una “cona” o di una piccola chiesa come testimoniano quelle ancora esistenti ma anche quelle demolite.

Si ricordano quelle di S. Lucia fuori Porta Maggiore, di S. Maria del Lago e della Maddalena presso il Ponte di Cecco, di S. Leonardo a Porta Romana, di S. Lorenzo Levita nei pressi del Ponte di Solestà costruita nel sec. X e restaurata nel 1142 dal Vescovo Presbitero, poi sostituita dalla chiesa di S. Bartolomeo, quella di S. Chiara costruita nel 1724 nei pressi del Ponte Chiaro, quella di S. Maria ad Mare fatta costruire nel 1637 nei pressi del Ponte di S. Antonio dal Vescovo Sigismondo Donati e quella di S. Barbara sul pianoro della Fortezza Pia.

Fin dal sec. XVI la chiesa dei S.S. Filippo e Giacomo è legata alla nobile famiglia Merli. Come testimonia sia il testamento di Don Lattanzio Merli in cui si dispone che venga restaurata e dotata con sue proprietà del valore di 500 fiorini sia dall’epigrafe dipinta alla base della tavola che recita:

DEIPARAE VIRGINI. SUB PONTIS TITULO A CICCO. IOANNIS.MERULAE.EIUSQUE PÕNO LACTÃTIO FILIO DEVOTIONE OPUS. DICATUM. M. DXLII. I. MAII.

San Giovanni e San Rocco.

Nel Bollario del 1591, al giorno 13 Novembre, troviamo memoria dell’altare fatto erigere da Lattanzio Merli sotto il titolo di Santa Maria de Ponte. Nella parte superiore del dipinto, realizzato a olio su una tavola centinata di cm. 233×140, è rappresentata la Vergine con veste rossa e mantello bianco che le copre il capo, assisa con il Bambino Gesù sulle ginocchia.  Sullo sfondo un paesaggio collinare inquadrato da rovine romane tra le quali si riconosce il profilo del Colosseo. Da qui svetta l’imponente figura di S. Giovanni Battista vestito con pelle di dromedario e mantello rosso e quella di S. Rocco con abito da pellegrino, bastone, conchiglia e corona di spine appuntate sulla mantellina di terziario francescano. Le due figure, fisiognomicamente molto simili, sono contrapposte e separate da un capitello corinzio in frantumi. Il capitello indica la vittoria del Cristianesimo sull’antica religione.

Al centro, con l’evidente funzione di fulcro prospettico, è rappresentato il ponte medievale dei S.S. Filippo e Giacomo con la piccola chiesa a loro dedicata. In lontananza la città di Ascoli con le sue torri. Secondo un documento d’archivio risalente al XVI sec., l’opera fu realizzata per un compenso di 24 ducati “cum finis coloribus” dal pittore Giovanni Battista di Marco.

Come è arrivato il dipinto alla chiesa dei Santi Filippo e Giacomo?

Nel 1963 il dipinto fu trasferita nella nuova chiesa, sempre dedicata ai S.S. Filippo e Giacomo, appena realizzata nello stesso quartiere per volontà del Vescovo Marcello Morgante. Nel 2011, viste le precarie condizioni di conservazione in cui versava, su iniziativa del Parroco Don Lino Arcangeli fu affidata alle cure del restauratore Rino Altero Angelini che dopo averla disinfestata consolidò l’originaria parchettatura retrostante la tavola, risarcì le cadute di colore presenti nell’area delle giunzioni delle tre tavole traverse verticali e recuperò i colori originali che si erano perfettamente conservati sotto uno spesso strato di polvere e sporco. Il 4 Maggio 2011 l’opera venne collocata sul lato sinistro della chiesa tornando nuovamente alla devozione e alla venerazione dei fedeli. In quell’occasione, dopo la descrizione critica dell’opera e del suo restauro fatta dal sottoscritto, il Vescovo Silvano Montevecchi si espresse con queste parole.

Il Messaggio del Vescovo Montevecchi

Mi sforzo di far capire come un investimento fatto per restaurare un quadro vuol dire far crescere il patrimonio morale e culturale della nostra città. Oggi molto spesso si investe su cose effimere. Io vorrei educare la gente ad impegnarsi nelle cose che rimangono. Se ognuno di noi cerca di lasciare un pezzo d’arte alla società, con il passare dei secoli la città si impreziosisce”

Ricordando il messaggio del 1965 rivolto da Paolo VI agli artisti in occasione del Concilio Vaticano II.

Avete edificato e decorato i suoi templi, celebrato i suoi dogmi, arricchito la sua liturgia. L’avete aiutata a tradurre il suo messaggio divino nel linguaggio delle forme e delle figure, a rendere comprensibile il mondo invisibile. Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini. Parliamo di quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione.

di Michele Picciolo 

Il tesoro di S.S. Filippo e Giacomo