A Pagliare del Tronto, nel comune di Spinetoli, la comunità insieme alla Diocesi di Ascoli Piceno hanno festeggiato i 60 anni di sacerdozio di don Basilio Marchei. Una Celebrazione Eucaristica nel giorno dei Santi Pietro e Paolo, martedì scorso, ha ricordato l’ordinazione del 29 giugno 1961. «Solo grazie alla Provvidenza sono riuscito a festeggiare i 60 anni di sacerdozio  – scherza il parroco, a Pagliare dal 1998, ripensando alla sua vita dedicata agli altri – durante il mio periplo attorno alla diocesi nelle varie parrocchie che ho seguito».

Grinta, fede e comunità, le armi di don Basilio

Nato a Maltignano il 28 gennaio del 1938, don Basilio nella sua vita sacerdotale ha manifestato presto la sua indole di costruttore, aggregando comunità e letteralmente recuperando edifici e chiese, costruendone di nuovi. L’obiettivo per lui era sempre chiaro: «Costruire comunità, non solo opere murarie, che forse sono state le cosa più facili. Lo scopo ultimo è stato sempre dare sollievo alle persone, dare un modo di sollevarsi dalla loro condizione, creare aggregazione e far crescere culturalmente la gente, anche a livello economico».

Don Basilio ha sempre lasciato il segno nei 60 anni di sacerdozio, nella sua concretezza e con la sua visione, aiutando le famiglie anche attraverso la creazione di asili nido, l’allestimento di oratori, la promozione di corsi di formazione e professionalizzanti, oltre ai tanti corsi di cristianità a cui ha sempre tenuto.

Soprattutto, la sua attenzione è andata ai giovani e all’organizzazione della liturgia, alla musica, all’amore per l’arte. Spendersi per gli altri, ossia quello che ha imparato frequentando la sua parrocchia da piccolo e vedendo l’esempio del suo parroco a Maltignano, don Luigi Celani. Don Basilio entra in seminario a 11 anni e lo frequenta per 12. Il cammino e la scelta non è stata facile, ma i genitori lo hanno sempre sostenuto e tanta forza arrivava dal gran bene che don Luigi faceva.

Le tappe della sua vita sacerdotale

Il giovane don Basilio inizia come aiutante nella parrocchia di San Venanzio in centro ad Ascoli – all’epoca era la chiesa di San Martino – dove c’erano tantissimi giovani e il vescovo lo assegnò ai fanciulli dell’Azione Cattolica.

Dopo due anni passò ad AC a livello diocesano e il suo estro si concretizzò con tante attività organizzative: gruppi musicali, teatro, tornei di calcetto, gite. «Fu un momento bellissimo – commenta don Basilio – di grande euforia e fervore». Fu pensata per lui un’altra strada: l’approdo fu in montagna, fra Marche e Abruzzo, a San Martino di Acquasanta e PIetralta. Anni duri, non sempre in condizioni economiche favorevoli, anzi. Ma il don si è sempre rimboccato le maniche: «Insieme ad altri sacerdoti abbiamo cominciato a rimettere a posto le chiese. Lì era pure crollato il tetto e quindi c’era da fare».

Il sacerdote-contadino

Si è improvvisato contadino e allevatore, riuscendo a mettere su un’impresa agricola. Ha fatto con successo anche il casaro: il “cacio del prete” era diventato famoso in paese: «Un anziano sacerdote del posto mi disse che potevo industriarmi con le terre. Non avevo soldi, non c’era una casa in condizioni decenti, e poi l’ho messa a posto. Non avevo neppure i soldi per mettere la benzina. E il freddo d’inverno in montagna… sono stati anni duri ma il Signore mi ha aiutato!».

C’erano poi le sagre da organizzare, per vendere le cose prodotte dalla sua gente e dagli altri allevatori e contadini. Si pensava a tutti, nessuno escluso Intanto continuavano anche gli impegni in diocesi, di supporto al vescovo durante gli anni del terremoto e per un periodo anche a Radio Ascoli. Dopo quattro anni, passa a Castel San Pietro, frazione di Palmiano, dove resterà per 19 anni. Nel frattempo diventa parroco anche di Quinzano e Gesso. «Ogni volta si ricominciava, con la stesso pensiero di dedicarsi alla gente».

L’amore per gli ammalati e l’Unitalsi

Nel frattempo, inizia anche la grande avventura con l’Unitalsi: 44 anni consecutivi di pellegrinaggi a Loreto e treni a Lourdes, ricevendo anche il riconoscimento di cappellano della grotta. Spostato a Ripaberarda, anche lì continua la sua opera di edificazione materiale e spirituale senza sosta, fra cui il santuario di Montemisio che al suo arrivo era in rovina. 

A Pagliare del Tronto ci arriva dieci anni dopo, e la sua verve insieme al suo guardare avanti colpiscono molti. Una comunità che è cresciuta nel tempo e che ha seguito la scia di energia di don Basilio: la chiesa di Sant’Antonio recuperata, la Caritas come nuovo riferimento in vallata, l’oratorio e l’abbellimento della chiesa di San Paolo. La chiesa era stata appena completata quando lui è arrivato a Pagliare: «Era uno stanzone desolato, con tre file di panche!».

Oggi c’è la chiesa, ma anche l’oratorio e tanti spazi attrezzati che sono serviti anche al territorio. In questi ultimi anni molti locali sono diventate aule per le scuole in tempo di necessità non ci si tira mai indietro e ci si riorganizza: questa la filosofia del parroco Marchei, che lascia fare alla Provvidenza.

Il viaggio in Canada e l’amore per la musica

Don Basilio, che era “il bel ferroviere” per il vescovo, perché fin da giovane non vestiva la talare e metteva i jeans, come oggi, è stato sempre un po’ sopra le righe.

 Una menzione particolare – ma sarebbero tante da raccontarne di storie originali – va al suo viaggio in Canada: «Per fare un favore a un sacerdote che non poteva più partire, accompagnai io una futura sposa che si sarebbe sposata in Canada. Il marito era stato mio parrocchiano, l’aspettava oltreoceano. La permanenza per me sarebbe stata breve, solo 15 giorni. E partii senza neppure chiedere il permesso al vescovo, perché si trattava di andare e tornare.

Quando arrivai, il parroco locale si era tanto affezionato a me che non mi voleva far partire, faceva programmi per il futuro nella comunità di italiani. Cercava di ritardare la mia partenza in tutti i modi, mi ha anche boicottato – racconta ridendo don Basilio – e io che volevo ritornare, non sapevo come fare. Una storia durata quattro mesi… e il vescovo chiedeva agli altri preti “Ma che fa quello? Torna?”. E io che mandavo le cartoline per avvisare, anche i miei familiari… non c’erano i mezzi di oggi per comunicare!».

Il pensiero alla mamma

 Dopo una panoramica su i 60 anni di sacerdozio, don Basilio dedica un pensiero gioioso alla mamma Iolanda, che gli ha trasmesso l’amore per la musica: «A Maltignano, la nostra casa nostra era posta in alto e si vedeva la vallata. Quando mia mamma al mattino faceva i letti con le finestre spalancate, cantava le canzoni che conosceva… e la gente del paese l’ascoltava con piacere. Io ho imparato da lei, la musica è connaturata in me!».

Un’eredità che don Basilio ha trasmesso dovunque abbia portato la sua esperienza nei 60 anni di sacerdozio. Un’esperienza che ha arricchito la comunità allargata, dai monti alla vallata, che grata lo ringrazia per la sua attività e dedizione.

di Francesca Gironelli