PROGETTO DOPOSCUOLA AL PAS: “NESSUNO ESCLUSO (nemmeno le mamme)”

di Anita Gasparrini

Un nuovo progetto ha preso vita al PAS, da un sogno originario in comune tra Caritas e CAV: il doposcuola per le famiglie con disagio economico, o linguistico e non solo

Il sogno ha iniziato a prendere forma pian piano, ma era stato accantonato in questi ultimi tempi, data la critica situazione pandemica che non permetteva più di incontrarsi. Quest’anno però, con la ripresa della scuola in presenza e con il ritorno ad una vita quasi “normale” grazie a molti fattori e al rispetto delle norme anti contagio, abbiamo potuto tirar fuori dal cassetto il progetto riposto.

Come nasce il doposcuola?

Il Centro di Ascolto della Caritas, circa due anni fa, aveva effettuato un sondaggio fra le famiglie utenti dei servizi ed aveva rilevato diversi bisogni educativi tra i molti bimbi dai 6 ai 13 anni che desideravano un sostegno post scolastico. Infatti, non si trattava solo di organizzare un aiuto ai compiti: per alcuni ci sarebbe voluto un accompagnamento all’apprendimento della lingua italiana, per altri un tutoraggio particolare per la matematica e l’inglese o il francese o lo spagnolo, per altri ancora, un’occasione di aggregazione aggiuntiva rispetto a scuola e famiglia.

Parallelamente si constatava un ulteriore, sottostante, bisogno e cioè quello delle mamme che, in quel frangente, avrebbero potuto fare spesa, spicciare le faccende di casa in maniera più dedicata ed approfondita, sbrigare eventuali ed immancabili pratiche burocratiche. C’è un altro aspetto poi, per alcune, ed è quello non irrilevante del non sentirsi inadeguate davanti a dei compiti che appaiono, a volte, come dei geroglifici.

Gli operatori del Centro di Ascolto, supportati dai ragazzi del servizio civile, hanno aggiornato il sondaggio trovando che le esigenze sono attualmente pressoché le stesse di due anni fa; ma qualcos’altro è cambiato. Il PAS, grazie anche all’esperienza vissuta nel lockdown, si è un po’ trasformato, nel senso che i volontari delle varie associazioni si trovano ora più a contatto, forse si può dire: più amalgamati.

Tanti tutor volontari

Così, appena lanciato l’appello per la ricerca dei tutor del doposcuola, oltre ai ragazzi del servizio civile della Caritas, si sono subito resi disponibili alcuni volontari di Betania, dell’associazione Io Ascolto, del CAV, alcuni della Zarepta, altri della Croce Rossa, altri ancora appartenenti agli Scout, altri provenienti da alcune parrocchie.

Alla prima riunione tenuta al PAS per conoscersi ed organizzarsi, l’atmosfera che avvolgeva i volontari presenti era composta da un misto fra entusiasmo e timore: sebbene alcuni avessero già vissuto l’esperienza del doposcuola a bambini diversi e di varie età, quella era in assoluto una novità. E come in ogni situazione nuova, le domande erano tante così come i dubbi. Quindi era comprensibile la preoccupazione.

Vivere l’esperienza del donare come un dono

La tensione ha iniziato a scemare quando tutti abbiamo aderito alla proposta di vivere questa chiamata a servire i bimbi, come una “occasione donata anche a me”. Detto così potrebbe sembrare una visione egoistica, ma ovviamente non lo è: si tratta di “vivere una esperienza” a cui siamo stati chiamati e che non abbiamo creato noi, ma che inevitabilmente, coinvolgendo ognuno, comprende anche la crescita personale oltre all’apporto gratuito; si tratta di “servire” accettando i limiti che si hanno, così da valorizzare e far sentire utile chi serve accanto a me, e che ha in sé doni e limiti diversi dai miei; si tratta di “immergersi”, mettendosi in gioco semplicemente per come si è, unici, piuttosto che “fare qualcosa da fare”. Ed osservare ciò che succede, godendone, e rimanendo aperti a ciò che l’occasione riserva: con la certezza che “tutto concorre al Bene”.

L’effetto dell’adesione a questo presupposto è stato in un certo qual modo liberante: la pressione dello spettro dell’inadeguatezza, che circola quando ci si pongono delle alte aspettative sul proprio “fare” e su quello dell’altro, si è dileguata, lasciando spazio all’attesa dell’inizio. E siamo partiti, senza porci ambiziosi obbiettivi di super efficienza, ma con il desiderio di vivere questa occasione donata come un momento prezioso per ciascuno, volontari e mamme e bimbi, di incontro e di Relazione, con la certezza che lo stare insieme (in sicurezza) è già di per sé un balsamo nelle difficoltà di questo periodo.

Un grande grazie ai pionieri del progetto, che ci hanno creduto, donando un po’ di sé: Stefano, Antonina, Adriana, Alessandra ed Alessandra, Ange, Anna Paola, Claudia, Corrado, Emanuela, Evelina, Federico, Francesca, Giulia, Liviana, Loredana, Lorenzo, Luciano e consorte, Marina, Marta, Nazzareno, Rosa Vittoria, Sofia, Teresa e Vito.