È stata una festa del giornalista a tu per tu con il vescovo Giampiero Palmieri, per i rappresentanti delle testate cittadine che hanno partecipato all’incontro tenutosi in Episcopio in occasione della giornata dedicata a San Francesco di Sales, patrono della categoria.

Un incontro durante il quale il vescovo ha presentato velocemente il primo dei momenti formativi che si terrà in città sul tema dell’intelligenza artificiale, il prossimo 15 febbraio nella sala Morgante di Casa Regina Apostolorum, per poi passare a colloquiare con i presenti sui temi più vari, a partire della Messa “in latino” che nei giorni precedenti era saltata agli onori delle cronache.

La celebrazione della Messa con antico rito 

«Sarebbe meglio parlare di messa con antico rito, precedente alla riforma liturgica del concilio. In Diocesi si tiene a San Cristoforo una volta al mese. Papa Benedetto XVI diede la facoltà di celebrarla, saltuariamente, se richiesto da un numero di almeno trenta persone. Nel nostro territorio la richiesta è stata formalizzata nel 2016 e le prime messe sono partite nel 2019. Oggi le celebra don Giorgio Lenzi, viene da Roma, perché nessun prete della nostra diocesi condivideva questa scelta. In primo momento c’è stato don Riccardo Patalano, poi ha fatto un passo indietro. I nostri sacerdoti non sono disponibili a celebrarla per motivi che personalmente condivido, cioè che la liturgia della Chiesa è una, quella di Paolo VI. La Messa “di rito latino” della riforma del Concilio è molto ricca di testi liturgici, ha forme sobrie, essenziali e torna alla semplicità della liturgia del primo millennio. Però, alcuni gruppi sentivano la nostalgia dei riti antichi, quindi papa Benedetto concesse la possibilità di celebrarla. Nel 2021 papa Francesco fa un altro motu proprio – Tradizionis Custodes – in cui verifica come siano andate queste celebrazioni e limita ancora di più la possibilità di celebrare con l’antico rito. Si precisa che le persone che chiedono questa messa accettino il Concilio Vaticano II e la riforma liturgica, questa è la discriminante. Ci sono dei pro e dei contro, faccio un esempio: la Messa cui ho partecipato, anche per me che sono figlio del Concilio, era molto faticosa da vivere, perché c’era molto silenzio, le parti in cui il popolo interveniva erano poche, i brani biblici sono pochissimi e sempre gli stessi. Per cui, chi ci partecipa – una ventina di persone – secondo me lo fa perché gradisce il silenzio e, ingrediente fondamentale, la musica d’organo».

Le vocazioni e i sacerdoti nella Diocesi di Ascoli

Sollecitato dai presenti, il vescovo ha poi parlato della situazione nella Diocesi di Ascoli sotto l’aspetto de numero di sacerdoti.

«La nostra è una Diocesi in salute. Dobbiamo tenere presente che nella nostra regione ci sono due seminari, quello di Ancona e quello di Macerata – Redemptoris Mater – dove vanno a formarsi i futuri sacerdoti che vengono dal cammino neocatecumenale, attualmente da Ascoli sono otto. Un altro si sta formando ad Ancona. Anche lo scorso anno Luca era di Ancona e Matteo del cammino neocatecumenale. In generale, la nostra Diocesi ha un numero di seminaristi e di sacerdoti soddisfacente. Certamente, il problema sarà l’invecchiamento, perché circa un terzo dei sacerdoti di Ascoli ha più di settant’anni, sarà quindi opportuno pensare al futuro. In realtà, però, questa è l’occasione per portare avanti ancora di più una riforma della nostra comunità cristiana, impostata dal Concilio, che dà più spazio ai laici, in particolare al diaconato permanente (nella nostra diocesi abbiamo 17 diaconi permanenti e 6 in formazione) e alle diverse forme di ministerialità laicale, cui possono accedere anche le donne, come il lettorato e l’accolitato. Poi ci sono i ministeri temporanei, come per esempi i laici che portano la Comunione agli ammalati, in diocesi ne abbiamo più di duecento. Ultimamente papa Francesco ha inserito tra i ministeri laicali istituiti anche la figura del catechista, che sarà colui che anima i tanti catechisti presenti in diocesi. Una chiesa così costituita è immagine della nuova comunità cristiana, configurata nell’ambito del Concilio. Il prossimo 5 maggio alle 18 in Cattedrale verranno istituiti i nuovi ministri laicali nella nostra diocesi».

La dottrina sociale della Chiesa

È tempo di campagna elettorale, con le imminenti elezioni europee e – soprattutto – amministrative, nel nostro territorio. Da questo punto di vista, l’appello del vescovo Gianpiero è quello di riscoprire e riabbracciare i contenuti della dottrina sociale della Chiesa: il bene comune, la solidarietà, la tutela dei diritti della persona, la sussidiarietà, la difesa dell’ambiente.

«La politica, come diceva Paolo VI, è una forma altissima di carità. Da cattolico credo di poter dire, da cattolico e da vescovo, che nessuno schieramento nazionale corrisponda pienamente a tutte le stanze del mondo cattolico, a qualunque parte aderisci c’è qualcosa che va bene e altre cose molto discutibili. Fondamentale, però, è il rispetto delle regole democratiche del gioco, della Costituzione. Personalmente, sottolineo il tema dell’accoglienza e dell’integrazione delle persone straniere, legato al tema anche della denatalità. Infatti, tenete conto che l’attuale governo ha fissato un ingresso di quasi 450 mila stranieri in tre anni e Confindustria ne ha chiesti il doppio, quindi non lavorare per l’integrazione oggi è anacronistico e paradossale. In Diocesi, a questo proposito, ho voluto un’accoglienza diffusa per le novanta persone che abbiamo in carico, in convenzione con la prefettura di Ascoli, il cui contributo non è però sufficiente per assicurare un buon servizio. I venti ucraini, inoltre, vengono accolti a totale carico della Caritas. Riguardo alla costituzione di una nuova loggia massonica in città, esprimo la mia totale contrarietà, visto che esprime una logica del tutto anticristiana: non fa bene alla vita politica e sociale della città. Per quanto riguarda le diverse candidature, ho disposto che coloro che si candideranno lascino eventuali incarichi importanti ricoperti a livello diocesano, proprio affinché questi ambiti non diventino luoghi di campagna elettorale. Al contempo, ho incoraggiato le persone che sono venute ad esprimermi la loro intenzione di candidarsi, proprio perché abbiamo bisogno di politici in gamba, anche in schieramenti diversi».

 

Infine, ma non da ultimo, con un sorriso il vescovo Gianpiero ha risposto alla domanda dei presenti sul futuro della nostra diocesi e di quella di San Benedetto del Tronto.

«Cosa il papa stia maturando né io né Carlo Bresciani lo sappiamo. Da questo punto di vista papa Francesco, rispetto ai suoi predecessori, è francamente imprevedibile. Io mi auguro che la vita delle nostre diocesi venga rispettata e sono favorevole a forme di collaborazione, come abbiamo lavorato per la scuola di politica, la comunità laudato sì ecc. Che il papa decida che siano unite in persona episcopi, sia che rimangano due diocesi con due vescovi, opzione che personalmente – se non altro per motivi di fatica personale – mi renderebbe contento, in ogni caso credo la collaborazione sia il futuro».