Niente di vero”è uno spaccato tagliente di una famiglia italiana che ci somiglia, in cui la voce narrante smonta continuamente gli aspetti più canonici dello stare insieme per diritto di sangue, così come demolisce ogni retorica consolatoria, con una scrittura libera, spudorata e irresistibile.

I personaggi del romanzo si muovono in un contesto in continua mutazione, come l’appartamento in cui vivono dove nascono pareti e stanze, dove non ci sarebbe spazio neanche per un mobile. Sono caratteri forti, ben delineati. All’origine ci sono una madre onnipresente che riconosce come unico principio morale la propria ansia; un padre pieno di ossessioni igieniche e architettoniche che condanna i figli a fare presto i conti con la noia; un fratello genio precoce, centro di tutte le attenzioni. Circondata da questa congrega di famigliari difettosi, Veronica scopre l’impostura per inventare se stessa.

Così piuttosto che seguire uno sviluppo lineare, la narrazione si va agglutinando per temi:una madre ansiosa che non fa che anticipare la morte dei figli; le piaghe dell’infanzia della protagonista, ovvero la noia e la stitichezza, le idiosincrasie del rapporto con il fratello – Christian Raimo – anche lui scrittore dal talento precoce, il legame con un nonno paterno premuroso.

Solo il nonno paterno sembra comprendere il tormento che si deposita nel corpo della nipote sofferente di stitichezza, e la assiste stringendole le mani; una scena che col tempo diverrà allegorica: “Ogni volta che vado incontro a quell’afflizione, comincio a rileggere tutta la vita in questi termini: un conflitto costante tra abbandonare qualcosa e cercare di riprenderlo”. La nonna materna invece ingombrante e a tratti imbarazzante, mina in ogni modo l’autostima della protagonista.Veronica Raimo sabota dall’interno il romanzo di formazione. Il suo racconto procede in modo libero. Da questo flusso di scene familiari, fatto di episodi esilaranti o sconcertanti (e a volte entrambe le cose), emergono due aspetti dolorosi: da una parte, la malattia e la morte del padre e, dall’altra, l’allontanamento di un’amicizia.

La protagonista sembra rimproverare a sé stessa non solo la tendenza a essere imprecisa rispetto alle vicende narrate, ma anche l’abitudine a sparire o a essere scostante nelle svolta chiave dei rapporti importanti. Dato che la memoria è una sabotatrice sopraffina e la scrittura, come il ricordo, rischia di falsare allegramente la tua identità,… allora il comico è una precisa scelta letteraria, il grimaldello per aprire all’indicibile. È una comicità kafkiana la sua, di figli trattati come insetti, schifati, bersagliati di lanci di mele ma anche bernhardiana, di figli rinchiusi in sanatorio, o imprigionati in casa con parenti ostili e chiusi nella paranoia e nel soliloquio.

In quarta di copertina si parla di modelli come la serie TV “Fleabag”e il Philip Roth del “Lamento di Portnoy”. In quest’ultimo, che pure è ossessionato da una madre morbosa, si trova certamente una voce imparentata a quella di Veronica. Con un’onestà spiazzante, il romanzo si chiude su un’ammissione di inadeguatezza che mostra al lettore il motivo del moltiplicarsi delle versioni inattendibili. Che cosa impariamo da una storia che è dichiaratamente piena di falle? Capiamo, forse, che l’unica verità sta nell’ammettere di essere disonesti e che l’umorismo è un modo intimo e universale di mostrare le fragilità, le amarezze e le meschinità.

Con uno stile tagliente, diretto, ironico, ricco di immagini, eppure privo di ampollosità e mai indulgente, questo romanzo ci trasmette il senso ambiguo e insieme terapeutico di confrontarci con le contraddizioni che ci rendono ciò che siamo. Un libro dove non c’è “Niente di vero”ma tutto è sorprendentemente autentico.

Titolo: Niente di vero
Autore: Veronica Raimo
Edizione: Einaudi, 2022

Anna Maria Laurano
anna maria laurano@libero.it