Il titolo Spatriati, mutuato dal dialettale “spatrièt”, a Martina Franca non indica soltanto gli emigrati. La vita di Francesco Veleno è una vita oltre il confine. Rappresenta l’incursione dell’estraneità che sconvolge l’equilibrio. E’ uno straniero. Il termine è dispregiativo e indica di chi non trova una sua collocazione, chi ha perso l’orientamento, di chi è percepito come spaesato, inadeguato, sbagliato, mancato.

Su questa polisemia s’innesta una vicenda che manda avanti parallelamente la ricerca di un altrove in cui rintracciare un’alternativa al conformismo, e il senso di straniamento rispetto a un’identità e a un’appartenenza che non si abbandonano mai del tutto perché l’’identità non è una datità predeterminata: è un prodotto, un risultato, una relazione dato che “Io racchiude il frutto delle interazioni fra l’interno e l’esterno”.

La definizione

Secondo il dizionario martinese-italiano di Gaetano Marangi, il termine rimanda ad una condizione di precarietà, gli “spatriati” infatti, sono raminghi, senza meta, ma soprattutto balordi, irrisolti, dispersi, come i protagonisti dell’ultimo romanzo di Mario Desiati, Claudia Fanelli e Francesco Veleno; quest’ultimo voce narrante del romanzo.

La sinossi

I due si conoscono quando sono solo dei ragazzini e nella cittadina pugliese di Martina Franca frequentano lo stesso liceo. Claudia entra nella vita di Francesco in una mattina di sole, nell’atrio della scuola: è una folgorazione, la nascita di un desiderio tutto nuovo, che è soprattutto desiderio di vita. Cresceranno insieme, bisticciando come l’acqua e il fuoco, divergenti e inquieti. Lei spavalda, capelli rossi e cravatta, sempre in fuga, lui schivo ma bruciato dalla curiosità erotica. Sono due spatriati, irregolari, o semplicemente giovani.

E’ un romanzo sull’appartenenza e l’accettazione di sé, sulle amicizie tenaci, su una generazione che ha guardato lontano per trovarsi. Inizialmente a unirli non è l’affinità, ma la relazione extraconiugale tra la madre di lui e il padre di lei. A legarli è anche il fatto che, per Francesco, Claudia è un’apparizione, una creatura eccentrica e fiammeggiante.

Nel corso del romanzo, Claudia cambia pelle innumerevoli volte, senza mai perdere un’irriducibile spinta di anticonformismo e d’indipendenza. Lui si innamora perdutamente, e immediatamente, di lei. Lasciano quella scuola con lo stesso voto, un «ottantacinque, che la smorfia napoletana indica come “l’anima del purgatorio”», ma con una visione decisamente diversa del futuro: Claudia vuole lasciare quella terra che la soffoca e sembra toglierle ogni ambizione; Francesco resta, almeno in un primo momento, in quel luogo che «placava la sua ansia».

Due protagonisti per due scelte

I due protagonisti, l’uno con la sua ostinazione a restare, l’altra con la sua necessità di partire e ripartire, rappresentano due scelte adattative contrapposte, due risposte alternative nei confronti della coscienza di una distanza esistenziale dai luoghi d’origine e dai loro molteplici riferimenti.

L’ambientazione

Tassello fondamentale per afferrare fino in fondo i significati di questo romanzo è capire l’importanza che viene data ai luoghi: le città sono personaggi veri e propri, tanto quanto gli uomini e le donne della storia.

Sin da subito l’autore dà al lettore tutti gli strumenti necessari per poter percepire i profumi di quella terra così arida di possibilità quanto ricca di sapori che è la Puglia, ammirare il cielo rosso di Taranto al tramonto come fosse lì davanti ai suoi occhi, così come quello argenteo di Berlino sotto il quale si aggirano personaggi in bilico «tra emarginazione e vanagloria» e dove i protagonisti esplorano fino in fondo la loro sessualità.

Desiati mescola abilmente elementi eterogenei della descrizione del territorio: la cultura religiosa, i riferimenti letterari delle scrittrici pugliesi, una minuziosa ricostruzione botanica dell’entroterra rurale un paesaggio fatto di cieli colorati e sospetto del mare dietro le colline.

I dialoghi tra i protagonisti

Ma è nei dialoghi tra Francesco e Claudia (scambi allegri, sinceri, gelosi, bruschi, a volte surreali o interrotti da improvvise svolte comiche) in cui si avverte tutta la smagliante maestria di Desiati, e si misura la vicinanza ma anche la distanza tra i protagonisti, tra i loro modi diversi di concepire la fuga.

È un legame di caratteri complementari: Mario e Claudia vivono, così, un’amicizia a distanza che si condensa nelle telefonate, nelle letture condivise e nelle visite di Claudia a Martina Franca, finché anche Francesco non finisce per trasferirsi a Berlino. Nella capitale tedesca, regno di avanguardie, sperimentazioni e impulsi liberatori di una cultura giovanile ibrida e disinibita, Claudia e Francesco vivranno in parallelo due storie d’amore complicate.

Non solo un romanzo di formazione

E’ forte nel romanzo il tema della formazione, sarebbe sbagliato però leggere “Spatriati” solo come un altro romanzo di formazione che racconta della fuga da un Sud – di cui la Puglia qui è emblema e personificazione – che non lascia scampo a una generazione senza meta né speranze. Sebbene “Spatriat” sia basato sul racconto della continua ricerca di sé stessi e di un luogo che sia casa, c’è qualcosa che resta un costante punto di riferimento: i libri.

La centralità della lettura

Letteratura e luoghi si fondono come nella meravigliosa immagine dell’ex aeroporto di Berlino-Tempelhof descritta nelle ultime pagine e davanti alla quale Francesco non può far altro che affermare che non avrebbe mai smesso di «amare chi ha una fiducia infinita nell’uomo al punto da sedersi in mezzo a un aeroporto abbandonato a leggere versi di una poetessa pugliese». Questo potere salvifico della letteratura emerge con forza grazie anche ai numerosi riferimenti a romanzi e poesie.

I libri sono appiglio fondamentale, soprattutto per Claudia, e lo dimostrano quelle magnifiche righe in cui confida all’amico che «l’aveva salvata proprio “Caro Michele” quando Natalia Ginzburg scrive che l’importante nella vita è camminare e allontanarsi dalle cose che fanno piangere». Inoltre, come recita la quarta di copertina, «a volte si leggono romanzi solo per sapere che qualcuno ci è già passato».

Spatriati così è tante cose:

un romanzo di formazione, la storia di un’amicizia, un viaggio a tappe verso il Nord (prima Milano, poi Berlino), il ritratto di una generazione di espatriati che mescola l’emigrazione con la ricerca identitaria e con la scoperta di orientamenti sessuali alternativi, ma anche il riconoscimento nostalgico della difficoltà di lasciarsi alle spalle la provincia da cui si è partiti, quel Sud immobilista, ruvido e poetico in cui inizia la vicenda.

Mario Desiati (Locorotondo, 13 maggio 1977) è uno scrittore, poeta e giornalista italiano. Ha scritto e pubblicato poesie, antologie, saggi e romanzi. Il suo Ternitti (Mondadori, 2011) è entrato a far parte della cinquina dello Strega. Nel 2022 ha vinto il Premio Strega con il romanzo Spatriati (Einaudi 2021).

di Anna Maria Laurano