di Veruska Cestarelli

Si intitola ‘Metamorfosi del credere. Accogliere nei giovani un futuro inatteso’, l’ultimo libro di Paola Bignardi, pedagogista, già presidente dell’Azione cattolica italiana e coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’istituto Giuseppe Toniolo di Studi superiori. La incontriamo in occasione del suo intervento ad Ascoli nell’ambito dell’incontro voluto dal Vescovo Palmieri per parlare di giovani e metamorfosi della fede.

Come nasce questo libro?

“Questo libro nasce da un lungo ascolto dei giovani che dura ormai da dieci anni. Da parte mia c’è sempre stata grande attenzione per i temi dell’educazione, che portano ad un sentire sincero e vero nei confronti delle nuove generazioni. Si tratta di un lavoro fatto in maniera intenzionale e strutturata, con un atteggiamento scientifico ma soprattutto umano per permettere di entrare in empatia con il mondo dei giovani e per capirli davvero”

Lei nel libro parla della necessità di ascoltare in maniera profonda e attenta i giovani per capire il loro rapporto con la fede che ha scritto ‘si può comprendere davvero solo se si esce dalle categorie tradizionali della vita cristiana’

“Credo che ascoltare sia il primo passo di un lavoro educativo. Solo così è possibile accogliere e sentire i giovani. Loro hanno un modo nuovo di accostarsi alla fede, alla vita e alla realtà. Se pretendiamo di capirli usando le nostre categorie di adulti senza ascoltare le loro ragioni, finiremo per innalzare solo delle barriere che renderanno impossibile la comunicazione. Il loro modo di porgersi e di entrare in relazione è giovanile quindi esuberante, provocatorio. Le loro posizioni sono spesso anche critiche nei confronti delle generazioni che li hanno preceduti ma il nostro compito di adulti prima ancora di rifiutare o giudicare è capire ed ascoltare”

Papa Francesco ha sollecitato tutti a guardare alle periferie e lei ricorda che questo si traduce anche nell’ascolto di voci che dissentono, provocano e che chiedono più attenzione

“I giovani criticano lo stile delle comunità cristiane, lo ritengono anonimo, freddo, impersonale. Se noi poniamo attenzione al modo di vivere il nostro stare insieme come cristiani e il modo di vivere l’Eucaristia della Domenica ci rendiamo conto che le critiche dei giovani sono assolutamente fondate. Non sono delle critiche fatte a caso, perché anche noi percepiamo questi difetti nelle comunità cristiane. Quindi mi pare che i rilievi critici dei giovani siano un’occasione per farci un profondo esame di coscienza. Dobbiamo capire e decidere dove occorre cambiare per essere autentici e credibili all’interno di comunità che siano davvero tali”

Questo libro parla dei giovani, parla ai giovani ma anche alla Chiesa. Come può quest’ultima accogliere la metamorfosi del credere nei giovani? Qual è l’atteggiamento giusto per mettersi davvero in ascolto dei giovani del loro modo di sentire e vivere la fede?

“È chiaro che stanno cambiando i comportamenti, gli atteggiamenti e il modo di vivere l’esperienza religiosa. Ma solo perché sta cambiando il modo di vivere di tutte le persone, e questo cambiamento si mostra in maniera più evidente e vivace nei giovani che sono i primi ad accogliere i mutamenti. È necessario che ci sia un cambiamento profondo nelle comunità cristiane. I giovani chiedono di vivere una fede contemporanea, quindi l’atteggiamento giusto è quello che in fondo suggeriva Papa Giovanni XXIII all’inizio del Concilio. Stare in ascolto del tempo e del mondo nel quale viviamo, per capire qual è il punto di dialogo tra la realtà e la tradizione della chiesa che non può essere intesa come un prontuario di ricette da ripetere”

Le obiezioni che fanno i giovani possono spesso sembrare una critica, un segno di disinteresse per la fede ma in realtà nascondono il desiderio di viverla in modo diverso

“Con questa che io chiamo protesta silenziosa chiedono di vivere la fede in modo diverso, in un modo che sia consono alla sensibilità e alla realtà umana di oggi. Quindi non è un rifiuto della fede, ma è il rifiuto di un certo modo di vivere la fede che è quello che appartiene ad altri tempi. I giovani ci dicono di mettere la parola fine ad una fede passiva, abitudinaria e che invece bisogna interpretare una fede che sia amica della vita, che sia viva, che sia una fede di oggi e che porti parole di salvezza”

Il titolo dell’incontro che si svolgerà ad Ascoli è ‘Giovani e metamorfosi cambiamento da inseguire o novità da accogliere?’ Cosa possiamo dire agli educatori che incontrano tutti i giorni i giovani in parrocchia e negli oratori ?

“Di fronte a questi cambiamenti non bisogna irrigidirsi e non bisogna respingerli ma lasciarsi interrogare. Dobbiamo accogliere i giovani nel dialogo. Quello che viene dai giovani non va certo preso come ‘oro colato’ ma di sicuro deve essere preso in considerazione. L’educatore ha questo ruolo, deve sapere accogliere e mettersi in ascolto in maniera attiva. La sapienza educativa sta nel prendere per mano qualcuno e camminare insieme. Mettendo anche da parte la presunzione che caratterizza noi adulti di voler sempre insegnare, mettendoci invece nella posizione di affiancare i giovani. Dobbiamo essere capaci di metterci al loro fianco senza giudicare e accompagnarli, diventando così testimoni davvero credibili della vita e della fede”.