Nella Cripta della Cattedrale, dietro il sarcofago-altare di Sant’Emidio, dall’anno 1618 si venerava una statua del santo Patrono benedicente realizzata in legno policromo. La statua venne sostituita il 18 dicembre 1734 dal gruppo scultoreo realizzato da Lazzaro Giosafatti rappresentante Sant’Emidio che battezza Polisia. La primitiva scultura è stata attribuita tradizionalmente a Giulio Cesare Bottifanghi. Il primo storico a citarla fu Tullio Lazzari che nel 1724 scriveva.:

“Eretta su questo Altare venerasi la Statua del Santo, quasi al naturale Pontificalmente vestita, con gentil maniera intagliata, colorita e dorata dal Cavalier Cesare Bottifanghi da Orvieto”.

Nel 1912 il Capponi anotava.:

“Anticamente sopra l’altare vi era una statua del Santo in legno, che ora trovasi nella Pinacoteca, e che qualche scrittore sostiene sia lavoro del Cav. Cesare Bottifanghi di Orvieto eseguita nel 1600. Qualche altro all’opposto vuole che quella statua non sia lavoro del medesimo, ma che solamente sia stata fatta eseguire della munificenza di lui”.

Chi ha costruito la statua di Sant’Emidio?

Il contrasto sulla sua attribuzione è stato chiarito quando nel corso delle mie ricerche ho trovato nelle Risoluzioni Capitolari del 26 novembre 1618.  Viene annotata in un’Appendice al foglio 39 la seguente frase “fù fatta la statua di legno di S. Emidio con fiorini 60 dati dal Can.co Fran.co Panezio” e nel rigo successivo “1619. Si dona la statua di S. Emidio da Giulio Cesare Bottifanco”.

Risulta chiaro quindi che il Lazzari nelle sue ricerche invece di leggere “dona” abbia letto “dora”. Giulio Cesare Bottifanghi da Orvieto (1559-1630) non risulta infatti abbia mai esercitato l’arte della scultura. Risulta infatti esperto nella pittura, nel ricamo, nella musica e nelle lettere fu conosciuto per alcune opere come “Il Corporale Sacratissimo di Orvieto.”, l’“Epistolam de Elephanto Romae viro.” e la traduzione dallo spagnolo all’italiano de “La Vita del Beato Luigi Bertrando dell’Ordine dei Predicatori”. Il Bottifanghi faceva parte della Congregazione della SS. Vergine Assunta presso la Casa Professa dei Gesuiti a Roma dove divenne amico del Cardinale Girolamo Berneri da Correggio, Vescovo di Ascoli dal 1586 al 1605.

La statua di Sant’Emidio

Il cardinale dopo la sua morte lasciò all’amico una cospicua rendita. Si tratta di una scultura alta cm.156, oggi conservata nella Pinacoteca vescovile, realizzata nel 1618 in legno policromo. La scultura rappresentante Sant’Emidio rivestito dei paramenti vescovili mentre con la mano destra benedice e con la sinistra regge il pastorale. Il santo ha un volto giovane dallo sguardo intenso e pensoso con gli occhi rivolti al cielo, sul capo calca una mitria dorata. Indossa una pianeta rosso-cremisi con trame in oro ornata da uno stolone ricco di perline e arabeschi. La superficie è ornata da disegni fitomorfi realizzati con la tecnica detta “estofado de oro” diffusa nel sec. XVI e XVII soprattutto nell’Italia meridionale e in Spagna.

Questa tecnica artistica consiste nel ricoprire la scultura gessata con foglia d’oro sulla quale si stende una leggera velatura di lacca colorata. Per ottenere il disegno voluto, la velatura viene rimossa in modo da far riemergere l’oro dalle tracce asportate. Sul camice bianco indossa un rocchetto rosso con larghe maniche e una sopravveste color rosa aperta sui fianchi. Calza scarpe rosse, lunghi guanti dello stesso colore e all’indice della mano destra porta l’anello liturgico. L’amitto bianco avvolto intorno al collo mette in risalto il giovane volto fortemente ritrattistico.

Sui quattro lati della base in legno, intorno allo stemma del Bottifanghi, corre l’iscrizione: EQ.IUL.CAESAR.BOTTIFANGUS.URBEVETANUS.ORD.LUSITANI.  Il S. Emidio è confrontabile con il S. Nicola del Museo Diocesano di Palermo, realizzato dallo scultore Giovanni Gili e decorato dal pittore Mario di Laurito.

La nuova scultura

Il terribile terremoto del 2 febbraio 1703 aveva portato distruzione e morte in molte città della Marca e dell’Abruzzo ma aveva risparmiato la città di Ascoli. Il 14 febbraio 1704 il vescovo Giovanni Giacomo Bonaventura (1699-1709) e i Canonici della Cattedrale, diedero incarico all’architetto Giuseppe Giosafatti di ammodernare la Cripta secondo il gusto dell’epoca. Questi demolì due campate della parte centrale, rialzò le volte della navata così ampliata. Sostituì le colonne del primitivo impianto romanico con fusti in breccia rossa di Verona e basi e capitelli in bianco di Carrara. Per questo nuovo e solenne ambiente sarebbe stata realizzata una nuova scultura in marmo di S. Emidio che avrebbe sostituito quella in legno. La nuova statua venne scolpita negli anni 1726-1734 da Lazzaro Giosafatti (1694-1781).

Dopo l’apprendistato presso la bottega del padre in Ascoli, Lazzaro si trasferì a Roma nello studio dello scultore Camillo Rusconi. Qui apprese scioltezza e sicurezza nella composizione plastica, divenendo buon interprete delle nuove tendenze classiche. Rimase fortemente colpito dal monumento a Gregorio XIII realizzato dal Rusconi nella Basilica Vaticana. Ammiratore delle sculture collocate nella Basilica di S. Giovanni in Laterano.  Mostra inoltre di conoscere le opere del Bernini del quale studiò in particolare il panneggio della S. Teresa e della Beata Ludovica Albertoni che riprende con evidente affinità nel manto di S. Polisia.

Cosa vediamo oggi

Il gruppo scultoreo rappresentante S. Emidio che battezza Polisia ha le dimensioni generali di cm. 190×225. Composto da due statue accostate realizzate in marmo bianco di Carrara. Il Santo è rivestito dei paludamenti vescovili, ha un’alta mitria sul capo, con la mano sinistra raccoglie l’ampio piviale e con la destra versa l’acqua lustrale sul capo della neofita genuflessa ai suoi piedi avvolta in un ampio mantello. L’opera collocata dietro l’altare-sarcofago del II-III secolo d.C. nel quale sono conservati i resti di S. Emidio e dei compagni Euplo, Germano e Valentino. La scultura era stata commissionata dall’Arcidiacono Luigi Lenti che era deceduto nel 1718 e fu fatta realizzare dal Capitano Pier Giovanni Lenti.

L’epigrafe scolpita sul retro del basamento ornato ai lati dagli stemmi della famiglia e sul retro da un serto di palme ed alloro intrecciati recita: D.                    O.                                M. DIVO EMIGDIO EPIS°, ET MARTIRI ASCULANAE URBIS PATRONO DIVAEQ. POLISIAE/ PRO SUO IN UTRUMQ. CULTU STATUAS HAS MARMOREAS CUM BASI, ET GRADIBUS/ ALOYSIUS LENTI PATRITIUS ASCULANUS HUIUS ECCLESIAE ARCHIDIACONUS/ SUA PECUNIA PONENDAS CURAVIT/  DUM VIII KAL. NOV. AN. MDCCXVIII  VIVERE DESIIT.

di Michele Picciolo